15 febbraio 2016
Arbiter
Che fosse abile lo si capì quando ci vendette persino la storia del suo passato da arbitro.
Matteo Renzi.
Lui faceva l'arbitro. E l'arbitro è becco per definizione. Non è il
sogno di un bambino, fare l'arbitro. In genere il sogno di un bambino è
fare l'attaccante. Poi capisce che non sarà il suo destino quando, al
pari o dispari per fare le squadre, viene sempre scelto per ultimo. E
ancora più tremendo è quando lo barattano. "Hey! Noi vi si dà lui e
quest'altro (laddove quest'altro è il classico bambino che pur se
vorrebbe giocare a pallavvolo con le bambine, per timore di ritorsioni
gioca a calcio, ma fa cacare) e voi ci date lui (un mediocre
medianaccio, ma pur sempre credibile)". E immaginate che dolore lasciare
la squadra che un attimo prima vi ha scelto (in realtà vi ha
accettato), perché siete stato barattato insieme al bambino con le
Superga che vorrebbe giocare a pallavolo, in cambio di un butterato di
terza media. Sono queste cose che uccidono i sogni dei bambini. Che poi a
quel punto diventano arbitri.
Renzi riscattò questa storia di
infanzie sofferte, facendoci credere che arbitro è bello. Perché
l'arbitro decide. E lo fa rapidamente, si assume responsabilità. Ed è
lì, solo, mentre tutti gli danno di becco.
Un titano. Un gigante di abnegazione. Di forza d'animo. Capace di andare contro tutto e tutti pur di fare rispettare le regole.
Ed ecco che Renzi trasforma la potenziale debolezza di mostrare un
passato da bambino sfigato, nella forza di presentarsi come uno che sa
prendersi delle responsabilità.
E io lo ammiro.
Non perché mi
sia bevuto la cazzata dell'arbitro titano. Ma perché penso che quel
bambino che veniva così orrendamente barattato, è oggi Presidente del
Consiglio.
Anche se, a pensarci bene, la cosa mi fa un po' paura.